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Uno zecchino d’oro al testo più bello, uno zucchino d’oro a quello più brutto di Sanremo 2025

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Mai come quest’anno il Festival di Sanremo è affogato nel suo brodo primordiale di cuori e cuoricini, di pianti e piagnistei, di paure e insicurezze, per non parlare del riaffacciarsi in grande stile dell’italicissima figura materna: “sono una madre che si sgola, / una testa che gira ancora, / una chitarra che non suona, / una borsa piena di buchi” (Bresh, La tana del granchio); “nei tuoi occhi di mamma / adesso splende una fiamma” (Brunori Sas, L’albero delle noci); “me lo diceva mamma, / ed io cadevo giù dagli alberi, / quanto è duro il mondo / per quelli normali” (Lucio Corsi, Volevo essere un duro); “non mi ricordo più / com’è l’odore del caffè, / quelle canzoni che mamma / ascoltava alla radio” (Rocco Hunt, Mille vote ancora); “amo la mia mami, / amo ’sti money / e l’hip hop” (Shablo feat. Guè, Joshua, Tormento, La mia parola); “sono il classico / uomo italiano, / amo solo / mia madre Annarita” (Tony Effe, Damme ’na mano).

Interamente dedicato alla sua mamma – qui il tema è la fragilità degli anziani, e le malattie cerebrali che spesso li colpiscono e li devastano – è il motivo di Simone Cristicchi, che tuttavia quella parola (madre, o mamma, o mami), quasi a volerne esorcizzare la stereotipia congenita nella tradizione festivaliera, non la menziona nemmeno una volta: “quando sarai piccola / mi insegnerai / davvero chi sono, / a capire che tuo figlio / è diventato un uomo, / quando ti prenderò in braccio, / e sembrerai leggera / come una bambina / sopra un’altalena, / preparerò da mangiare / per cena / io che so fare / il caffè a malapena” (Quando sarai piccola).

È il “trionfo del privato”. Riporta indietro la kermesse sanremese di quasi mezzo secolo con un’unica significativa eccezione, l’ironica canzone “politica” di Willie Peyote (Grazie ma no grazie) che assesta un colpo al cerchio (“dovresti andare a lavorare / e non farti manganellare nelle piazze, / grazie ma no grazie / e questa gente non fa un cazzo, / li mantengo tutti io”) e uno alla botte (“l’asterisco al plurale, / chi non sa più come ridere, / non sa come scherzare, / poverino che la gente / prende tutto / un po’ sul personale”).

Che sia zecchino oppur zucchino, sempre oro è

Al netto dei contenuti amorosi o sospirosi, lamentosi o lacrimosi, dubbiosi o pensierosi, paventosi o fragilosi, qual è (per lingua, stile, metro, ritmo, plasticità e originalità rappresentativa, ecc.) il testo più bello e quello più brutto, tanto per rendere un pochino più pepata e appassionante la gara, della settantacinquesima edizione della più longeva rassegna canora italiana? Il sito www.leparoledisanremo.it, una banca dati di grande utilità per chiunque voglia fare approfondite ricerche sulla lingua sanremese (accoglie infatti i testi di tutte le edizioni del festival, compresa l’ultima), ha appena lanciato al riguardo l’iniziativa “Vota il testo più bello e quello più brutto di Sanremo 2025”. Chi vuol giocare con noi, oltre a commentare qui, potrà votare il suo testo migliore e quello peggiore, fino alla mezzanotte del prossimo 3 marzo, sul sito sopra indicato.

Il testo sanremese più bello sarà premiato con uno zecchino d’oro (o moneta equivalente), e quello più brutto con uno zucchino d’oro, nelle tappe di Siena (10-13 aprile) e di Firenze (28-30 aprile) del Festival della Lingua Italiana, una manifestazione itinerante, promossa dall’associazione culturale La parola che non muore, giunta alla sua nona edizione. La proclamazione dei testi vincitori sarà accompagnata dalla lettura delle rispettive motivazioni nel corso delle due cerimonie di assegnazione previste: la prima avrà luogo a Siena (consegna dello zecchino d’oro, 10 aprile), la seconda si svolgerà a Firenze (consegna dello zucchino d’oro, 28 aprile).

Votate numerosi, e vinca il migliore (o il peggiore).

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